Nella decodificazione di un kata, come di un qualsiasi altro esercizio complesso fatto di situazioni concatenate, sono in uso differenti termini. Questi, che possono apparire simili nella traduzione dal giapponese, differiscono nell’essenza.
Nell’esecuzione di un kata gli obiettivi che dobbiamo tenere bene in mente sono molteplici. Gli stessi che possiamo ritrovare negli elenchi di valutazione ai quali gli arbitri devono fare riferimento nel dare una corretta valutazione, durante una gara, e cioè: sequenza esatta delle tecniche, controllo della potenza, controllo di contrazione e decontrazione, controllo di velocità e ritmo, direzione corretta dei movimenti, cerimoniale tradizionale, embusen (linea di esecuzione del kata), movimento della testa e degli occhi, posizioni, coordinazione dei movimenti, equilibrio, armonia dei movimenti, esitazioni od arresti, kiai, respirazione, intensità dello sguardo, spirito, attitudine marziale ecc.
Tralasciando il fatto che non per tutti gli stili, l’elenco sopra descritto, può essere attuabile per motivi che esulano da questo articolo, nell’hantei (il giudizio arbitrale) si valuta anche la comprensione del bunkai.
Ed è proprio su quest’ultimo aspetto, quest’ultima parola, che vorrei evidenziare le differenti interpretazioni ed intendimenti tra i diversi stili di karate.