In occasione della campagna nazionale “Smonta il Bullo” intrapresa dal Ministero della Pubblica Istruzione in questi giorni, vorrei affrontare un discorso importante:il ruolo che noi insegnanti di Karate e in generale di Arti Marziali possiamo avere nell’aiutare i giovani a realizzare un rapporto sano con la propria aggressività.
Il Tema dell’aggressività, quindi della competitività, è legato agli aspetti motivazionali della pratica sportiva, e ciò è particolarmente vero in atleti in età evolutiva , come bambini, adolescenti. Prima di essere atleti, infatti, questi soggetti sono esseri umani che stanno crescendo, che stanno maturando cioè “costruendosi” da un punto di vista psichico e fisico ed è per questo motivo che noi educatori non possiamo dimenticare la necessità di valorizzare anche lo sviluppo della capacità ad esprimere la propria aggressività.
Ancora oggi si sentono persone criticare gli sport da combattimento affermando che si tratta di pratiche “violente” e noi rispondiamo che queste arti non hanno l’obiettivo di provocare danni fisici all’avversario ma solo quello di difendersi.
In questo articolo vorrei dimostrare che praticare un’arte marziale può avere una funzione educativa nel promuovere un rapporto più sano tra i giovani e l’aggressività; per far questo non posso non considerare l’adolescenza come un ponte tra l’infanzia e l’età adulta. Ed è proprio in questo periodo che l’aggressività svolge diverse funzioni psicologiche. Prima tra queste è marcare il proprio distacco da una posizione di dipendenza da figure più grandi (genitori, fratelli maggiori) segnando così un cammino verso l’autonomia. In secondo luogo, l’aggressività in adolescenza è un modo per farsi notare dagli altri, per non passare inosservati, per lasciare il proprio segno. Qual è il nostro ruolo di insegnanti di Arti marziali in tutto questo? Come possiamo dare il nostro contributo a una maturazione sana del rapporto con l’aggressività nei ragazzi che alleniamo?
Bè.. credo che educare significhi portare i giovani ad esprimere le proprie potenzialità; ma ad esprimerle in modo che conoscano equilibrio, misura e consapevolezza della presenza degli altri. Tranquillamente si potrebbe affermare che l’aggressività, essendo una funzione psicologica che serve alla traslazione da una fase della nostra vita ad un’altra, è di per sè una funzione sana. Tale funzione sana potrebbe, però avere una svolta patologica che è appunto il “BULLISMO”. Termine che deriva dalla lingua inglese, che indica soggetti in età evolutiva che attuano comportamenti aggressivi sul piano verbale, fisico rispetto ai coetanei e alle coetanee, allo scopo di incutere timore, paura e di ottenere una posizione dominante, di potere, all’interno di gruppi giovanili o all’interno delle nostre scuole. Nei ragazzi che attuano tali comportamenti, vi è il ricorso all’aggressività per sottrarsi alla dipendenza del mondo adulto per competere con i propri coetanei; ma l’utilizzo dell’aggressività, senza un contenitore che la limiti o la controlli, sfocia in un risultato unicamente distruttivo per l’ambiente, per i coetanei e per gli stessi bulli.
L’aggressività che ritroviamo nel “Bullo” è un’aggressività senza controllo, che non ha regole, che non subisce un adeguato controllo da parte di soggetti più adulti.
In questa prospettiva, le nostre palestre possono essere, anzi, devono essere, un luogo dove la carica dei nostri ragazzi sia compresa,valorizzata, lasciata esprimere, ma anche regolata. Un luogo dove la loro voglia di combattere e di prevalere può essere accolta, perchè l’uomo è anche essere competitivo. Allo stesso tempo devono essere un luogo dove viene chiesto di assumersi la responsabilità di farlo in un determinato modo . Il combattimento che proponiamo nelle nostre palestre, insegna a non barare, a non cercare facili scorciatoie, ad imporre a se stessi di agire in modo corretto e leale.
La mente umana capisce quello che viene detto con le parole ma ancora di più lo capisce attraverso la pratica di chi realmente conosce, crede, dimostra ciò che insegna. Chi insegna Karate – Boxe – Tai ji quan – Judo – Kickboxing insegna queste discipline secondo regole precise che, a livello fisico, si concretizzano nell’esecuzione di tecniche all’interno delle quali esiste forma, ritmo, potenza, coordinamento e respirazione. Il risultato finale sarà un’azione atletica forte capace di dichiarare nei fatti il valore del praticante.
Senza regole, senza disciplina, senza ordine il risultato sarà solo mediocre.
La regola, la disciplina, l’ordine del Dojo possono (anzi devono) diventare regola, disciplina e ordine mentale cosi da non lasciare spazio alla violenza e all’arroganza.