In qualsiasi ambito vogliamo proiettare il concetto di strategia, dobbiamo associarlo alla vittoria, o comunque a qualcosa che rapidamente ci fa superare tutti quegli ostacoli che ci separano dal raggiungimento dei nostri obiettivi, sportivi, lavorativi o altro ancora. Quindi si deve vincere, utilizzando tutti i mezzi che possono mettere in difficoltà il nostro avversario. La storia ci insegna che in battaglia, la vittoria non sempre è legata al numero dei soldati, ma soprattutto alla abilità e alla strategia del generale. Il più piccolo può vincere sul più grande, il più basso sul più alto, il più debole sul più forte.
Davide e Golia, il Cavallo di Troia, sono degli esempi di strategie.
Un altro ancora, anche se poco leale, è l’imboscata che ha influito enormemente sull’esito di tante battaglie.
Non esistono strategie valide e non valide in senso assoluto. Ognuno può avere la sua, che a volte funziona a volte no.
Sempre facendo un ulteriore cenno storico, sicuramente ci sarà capitato di sentir dire che Napoleone era un grande stratega. Quindi tra un condottiero e l’altro c’è differenza. Piccoli, medi e grandi condottieri come piccola media e grande strategia.
Nel kumite agonistico la strategia è l’elemento chiave di tutto il combattimento.
Possiamo definire piccolo stratega chi inizia a cimentarsi col combattimento. Gli attacchi e le difese sono spesso imprecise, si nota una grande difficoltà nell’utilizzo degli schemi, poca fantasia e scarsi ricordi sul tipo di tecniche da adottare.
Il medio stratega riesce a costruire piccoli schemi motori anche se non sempre li utilizza correttamente. Inizia comunque a migliorare il controllo della distanza e le tecniche più semplici cominciano ad andare a segno.
Il grande stratega è l’atleta di alto spessore, il quale utilizza in modo ottimale gli schemi e i principi del kumite. La distanza diventa una sensazione, ed è gestita senza più bisogno di misurarla. Le tecniche e gli schemi sono eseguiti ed attuati in modo naturale.
A questo punto, possiamo dare una definizione agonistica di strategia.
Durante l’incontro, tutto ciò che facciamo per creare una situazione di squilibrio per il nostro avversario è una strategia.
Nella strategia del combattimento lo squilibrio è considerato di tipo psicologico e non fisico. Arrivare a distogliere anche per un solo momento l’attenzione dell’avversario, è segno di grande strategia, che si concretizza come Ichibyoshi (un respiro), istante nel quale dobbiamo fare wazaari o ippon. Nel kumite agonistico, ci troviamo di fronte ad una serie di strategie legate alla situazione e al momento, le quali in una continua compenetrazione, diventano più o meno valide.
STRATEGIA DELLA DISTANZA “MA” E “AI”
Nel kumite sportivo, la gestione corretta della distanza non è un optional. L’atleta che non controlla questa componente in modo adeguato, non riesce a costruire gli schemi sia di attacco che di difesa. Le finte, il cambio guardia, gli avvicinamenti e gli arretramenti, sono senza dubbio degli strumenti efficaci per creare poi un’azione che permetta di mettere a segno la tecnica.
Durante il combattimento, la distanza tra i due atleti varia continuamente.
A questo punto è importante capire cosa è la distanza nel kumite.
Se potessimo contare, avendone la possibilità, quante volte cambia la distanza tra due corpi in movimento, nei due o tre minuti di gara, rimarremmo sicuramente stupiti dal numero ottenuto. Se poi sempre avendone la possibilità, potessimo togliere le distanze inutili, quelle nelle quali non ci sarebbe potuta essere nessuna tecnica, e lasciare quelle utili, in cui uno dei due atleti poteva mettere a segno il punto, ci accorgeremmo che il numero si sarebbe notevolmente abbassato.
Allora ci possiamo chiedere in tutta tranquillità per quale motivo è così complicato trovare la distanza corretta di esecuzione.
La risposta è molto semplice, in realtà non si deve trovare la “distanza”, ma se ne devono cercare due.
Una è il “ma” che rappresenta la sensazione soggettiva della distanza, e l’altra è legata al termine “ai” che significa unione o unire.
Pertanto, la difficoltà è rappresentata da un lato da come un atleta vive la sensazione di distanza, dall’altro, da come riesce a metterla in relazione con quella del suo avversario.
Per chiarire meglio il concetto, facciamo un semplice esempio: due atleti sono di fronte, ad una distanza casuale, dove uno sta fermo e l’altro deve eseguire gyaku tsuki. Sulla base delle proprie percezioni, si allontanerà o si avvicinerà fino a che non troverà la distanza corretta. Le cose si complicano notevolmente, quando il compagno si muove e crea delle distanze che mutano continuamente.
Da qui il “maai”, cioè la capacità di mettere in relazione la distanza da noi percepita con quella creata dall’avversario.
Per comprendere con più facilità la strategia della distanza, basta ricordare le parole del M° Funakoshi: “Avvicinare, arretrare, separare, incontrare” Il concetto di “Avvicinare, arretrare”, si intuisce con estrema facilità, basta seguire i movimenti dei due atleti, mentre “separare, incontrare”, hanno bisogno di una riflessione ulteriore e più profonda. Con il termine separare, il M° non intendeva solo qualcosa di fisico che separa le distanze dei due combattenti, ma le sensazioni generate dallo studio continuo dei movimenti.
Le azioni devono tendere a separare il collegamento mentale che fa intuire all’avversario la nostra strategia di attacco o di difesa.
Con il termine incontrare, il M° definisce il momento conclusivo, l’attimo in cui i due corpi si avvicinano e uno dei due mette a segno la tecnica. La strategia globale della distanza è data dalla fusione di questi quattro elementi, che nello studio continuo del kumite, vengono messi in gioco per individuare lo spazio corretto che permette di realizzare wazaari e ippon.
STRATEGIA DELL’ATTACCO (PRINCIPIO SEN)
Per portare un attacco decisivo e vincente, dobbiamo tenere conto di un elemento molto importante: la sorpresa. A meno che il nostro avversario non stia sonnecchiando, qualunque tipo di attacco, se non è frutto di una strategia, difficilmente andrà a segno.
Le componenti di velocità, abilità motorie particolari, destrezza fine, grande ampiezza di movimenti articolari, diventano inutili se utilizzati senza una componente strategica. Pertanto dobbiamo introdurre tutti quegli elementi che provocano una reazione dell’avversario che possiamo utilizzare a nostro vantaggio.
Ad esempio fintare kizami tsuki chudan, portando mawashi geri jodan, è una strategia. Fare il contrario, fintare kizami tsuki jodan e portare il calcio chudan è un’altra strategia.
Da un punto di vista dinamico, esistono strategie semplici e complesse.
Possiamo definire gli esempi sopra citati come strategie semplici. Se gli stessi attacchi vengono eseguiti, facendoli precedere da un arretramento o da uno spostamento laterale, questo ci porta ad una strategia di livello superiore. Se poi riusciamo anche ad individuare in che tipo di guardia, (uguale o speculare) portare l’attacco, arriviamo ad aumentare di molto l’aspetto strategico.
Muoversi ad una velocità intorno al 30 – 40 %, ed eseguire gli stessi attacchi di prima cambiando ritmo e portarli a velocità massimale, vuol dire creare una strategia di attacco di tipo complesso.
Abbiamo detto che quando si porta un attacco, sono fondamentali, distanza e velocità di esecuzione. Questo è verissimo, ma se non creo una situazione, per la quale durante l’attacco il mio corpo non è posizionato in modo da far diventare scomodo un eventuale anticipo o contrattacco, grande velocità e grande sensazione della distanza sono condizioni che da sole diventano insufficienti.
Innanzi tutto dobbiamo ricordare, che per quanto io creda di essere veloce, posso trovare un avversario più veloce di me. Tanto è vero che ad esempio se porto la tecnica di Oi Komi Tsuki in linea, e mi scontro con un avversario più veloce, sicuramente posso essere anticipato di gyaku tsuki. Se al contrario, creo una strategia di attacco nella quale il mio corpo durante l’esecuzione di Oi Komi è leggermente spostato all’esterno, l’anticipo di gyaku tsuki è meno probabile. Questa è strategia.
STRATEGIA DELLA DIFESA (PRINCIPIO GO NO SEN)
Nella tradizione occidentale il principio go no sen viene comunemente individuato come “tecnica di rimessa”. Far scaricare l’attacco all’avversario per poi portare il nostro colpo vincente. Detto così può apparire come un lavoro molto semplice e di facile esecuzione, mentre per tradurre le parole nei fatti, si deve fare attenzione a molti elementi senza i quali gli schemi non possono essere attuati.
Per prima cosa, andare indietro o spostarsi lateralmente è importante solo se si individua correttamente la distanza per portare il contrattacco. La velocità di esecuzione rientra in gioco, così come il principio sen. Anche nello sviluppo del contrattacco posso creare una strategia come è stato descritto sopra riguardo la condizione dell’attacco.
Come esempio possiamo prendere in considerazione un attacco di kizami mawashi geri.
Dopo essere usciti dal bersaglio arretrando in yori ashi, se come contrattacco porto solo gyaku tsuki, si viene a creare una certa situazione, se prima di portare il pugno opposto faccio una finta di kizami tsuki, la situazione diventerà più favorevole. Andare indietro dopo un qualsiasi attacco e portarne un altro, è la condizione più semplice di utilizzo di go no sen.
Più complesso, è portarsi nello spazio di attacco facendo credere all’avversario che può portare a segno la sua tecnica, cambiare la distanza facendogli andare a vuoto l’esecuzione, quindi sferrare il nostro contrattacco.
Realizzare questo tipo di strategia è senza dubbio di enorme difficoltà, ma fa la differenza sia di applicazione dello schema, sia di crescita in tal senso.
STRATEGIA DELL’ANTICIPIO (PRINCIPIO SEN NO SEN)
Come è stato spiegato ampiamente descrivendo il concetto di Yomi, quando si cerca di chiarire cosa si intende per “anticipare il pensiero” tutto diventa complicato, e durante l’esecuzione pratica si finisce sempre per fare un grossolano tentativo di colpo d’incontro che il più delle volte è pure fuori tempo.
L’associazione del colpo d’incontro al Principio Sen no Sen, probabilmente diventa il modo più semplice per capire quella sorta si percezione che ci porta ad intuire che l’avversario sta per attaccare. Quindi anche nella strategia dell’anticipo, ci sono diversi livelli di difficoltà. Una di queste è legata alle tecniche jodan, che spesso sono senza controllo.
Classico esempio, kizami tsuki al viso che pochi atleti riescono a portare a distanza corretta senza colpire. La strategia dell’anticipo oltre alle ormai note velocità e distanza, inserisce l’elemento già descritto precedentemente che è l’intuizione.
Non riuscirò mai ad anticipare nulla, se non riesco a capire il momento in cui l’avversario si sposta o inizia l’attacco.
Vediamo ora, prima di passare a parlare di come si può attuare la strategia dell’anticipo, dove si forma l’intoppo nella comprensione del Principio Sen no Sen.
Abbiamo detto che il significato è “anticipare il pensiero”. Ecco fatto! Appena tradotto, iniziano i problemi legati a ciò che non si vede. Ma in realtà, quale pensiero dobbiamo anticipare? Quello di un eventuale attacco?
Anche, ma non solo questo.
Dobbiamo anticipare quello che sentiamo. Anche la percezione di un piccolo movimento o il cambiamento dello sguardo può scatenare la nostra reazione. E proprio su questo costruiamo la nostra strategia dell’anticipo che se attuata correttamente nel kumite agonistico genera sempre Ippon. Facciamo un esempio con gyaku tsuki, tecnica di grande utilizzo nel combattimento agonistico.
Immaginiamo per un istante di avere una grande percezione. Intuiamo che nella mente del nostro avversario scorre il pensiero di portare kizami mawashi geri. A velocità supersonica sferriamo gyaku tsuki.
Abbiamo fatto Sen no Sen, ma l’arbitro ci assegna solo wazaari, mentre come abbiamo detto l’anticipo deve essere premiato con Ippon. Per lui infatti, che non ha percepito come noi lo scorrere del pensiero dell’avversario, abbiamo fatto Sen cioè solo un semplice attacco di gyaku tsuki.
Se al contrario, l’avversario, fa un piccolo spostamento in avanti o tenta di portare una tecnica e noi chiudiamo nel tempo preciso con gyaku tsuki, l’arbitro ci assegna Ippon, anche se in realtà abbiamo sviluppato Deai no Sen.
Cos’è che per l’arbitro ha fatto la differenza? E’ che abbiamo eseguito un anticipo visivo.
Quindi, da un’analisi anche sommaria di ciò che abbiamo detto, da un punto di vista agonistico, dobbiamo realizzare uno schema motorio più visivo che percettivo per attuare la strategia dell’anticipo e fare Ippon.
Anche per questo tipo di strategia, ci sono diversi livelli di difficoltà.
Vediamo di partire dal più semplice che ci aiuta a costruire le basi per una grande strategia dell’anticipo.
Per fare questo dobbiamo prendere in considerazione gli spazi del kumite. Se chiamiamo A lo spazio di Shiro e B quello di Aka, il terzo che per semplicità chiamiamo AB definisce lo spazio in comune ai due atleti. Gli spazi A e B determinano un intervallo di tempo più lungo dello spazio in comune, il quale viene utilizzato poco rispetto alla durata dell’incontro.
Uno dei due atleti si trova nello spazio in comune, solo quando cerca il contro tempo o quando mette a segno la tecnica. A questo punto è facilmente intuibile che come strategia, dobbiamo costruire uno schema che convinca l’avversario ad entrare nello spazio in comune.
Se ad esempio, durante l’incontro abbiamo capito che ci sono i presupposti per portare kizami tsuki di anticipo, proviamo con questo schema: cambio guardia, piccolo yori ashi indietro senza portarci troppo fuori distanza, come l’avversario viene leggermente avanti, portiamo kizami tsuki prendendo il tempo preciso mentre si sposta. Se eseguito correttamente facciamo Ippon.
Su questa base possiamo creare spostamenti e schemi diversi ma rimane il principio fondamentale il quale ci deve continuamente ricordare, che la strategia del kumite in senso assoluto è generata dalla fusione di tutti gli elementi e i principi descritti che in una continua compenetrazione devono essere gestiti ricordando di perseguire sempre l’aspetto legato alla percezione.