Yomi, tradotto letteralmente, “prevedere, divinare” come a significare qualcosa di superiore, al di sopra della comune comprensione, che va oltre quello che si può vedere o meglio ancora, quel qualcosa che solo pochi riescono a percepire.
Spesso questo concetto è citato, nel tentativo di fare maggiore chiarezza sul principio Sen No Sen che nella comune conoscenza, significa “anticipare il pensiero” e nella pratica del kumite si traduce nel “prevedere il comportamento tattico del nostro avversario”.
Dal punto di vista teorico tutto facile, la comprensione del concetto è chiara, più complicato il suo allenamento e il suo utilizzo in gara.
Una delle tante leggende legate ai Samurai, narra che uno di questi, per scegliere i suoi stretti collaboratori, a turno li faceva entrare in una capanna completamente buia, dove c’erano altri suoi allievi muniti di bastoni. Chi riusciva a difendersi e uscire vivo era dotato di una capacità superiore, che andava oltre a ciò che si riesce a vedere, chiamata appunto percezione.
A tutt’oggi questo è anacronistico e ciò che accadeva molti anni fa, non solo risulta incredibile, ma addirittura impossibile. Oggi viviamo in tempi diversi dove la percezione quando si avverte, è generata occasionalmente, non è frutto di attenzione costante.
Quante volte è capitato di sentire ad esempio dentro una stanza che noi pensavamo fosse vuota, la presenza di una persona.
C’è differenza tra allenarsi alla percezione, e la percezione come sensazione. Se qualcuno prima di entrare nella stanza ci avesse detto di provare a sentire una presenza, saremmo entrati in un certo modo, senza essere avvertiti lo avremmo fatto in modo diverso. Il Samurai faceva entrare i candidati per testarli, senza avvertirli. Questo è il punto.
Molti di coloro, avrebbero fallito anche se fossero stati avvisati. Quindi, possiamo dire che la percezione è dentro di noi, ma la capacità di utilizzo è soggettiva.
Il maestro Funakoshi diceva: “GIJUTSU YORI SHINJUTSU” che significa, “Intuizione piuttosto che tecnica supplementare”.
Più grande è l’intuizione, minore è il dispendio tecnico.
Quindi, la percezione intesa come intuizione, nel kumite sportivo ha un ruolo determinante. Nell’ipotesi che un’atleta riuscisse a prevedere ogni attacco, il combattimento durerebbe una manciata di secondi. Vediamo ora di trovare il comune denominatore che ci aiuti a far luce sulla differenza tra percezione e intuizione nel kumite.
Seguendo l’incontro di due atleti di medio o meglio ancora di alto profilo, si nota che ognuno dei due, si muove nel tentativo di attuare gli schemi studiati con il proprio maestro, che nella maggior parte dei casi sono costruiti sulla base di capacità atletiche soggettive (velocità, destrezza fine, rapidità e altro ancora).
Per questo motivo, alcuni combattenti sono più abili nelle tecniche d’incontro, altri nelle tecniche di rimessa e così via. Tecniche e schemi a parte, quello che si evince dal comportamento dei due atleti, è che non perdono mai il controllo mentale l’uno dell’altro. Spesso, quando uno dei due lascia anche per un solo istante questo controllo, o per abilità dell’avversario o per distrazione propria, si crea quasi sempre una situazione sconveniente che sfocia nella maggior parte dei casi in un punto a sfavore.
La percezione origina da questo studio continuo, da tutte le sensazioni generate dai continui movimenti e spostamenti dei due atleti, dove le due menti cercano di analizzare tutti i segnali che ricevono.
Tutto questo sposta il concetto di Yomi in un ambito più “terra terra” che da astrazione si concretizza nella percezione di un movimento, di un gesto che ne fa scaturire un altro, che si va a contrapporre al precedente e che fa mettere a segno Wazaari o Ippon.
Spesso atleti di alto livello applicano il concetto di Yomi senza rendersene conto, senza che nessuno gliene abbia mai parlato. Per loro sono sensazioni, intuizioni.
Chissà cosa accadrebbe all’atleta più volte campione del mondo, se fosse messo in una capanna buia. Non è questo il punto. Il concetto di Yomi rimane comunque un’astrazione e un concetto che per quanto vogliamo, resta puramente teorico. A noi, provando a comprenderlo in una dimensione più pratica, è servito a chiarire cosa intendiamo per percezione, perchè questa è la sensazione reale utilizzata nel kumite e che fa la differenza.
Peraltro, tornando al parallelo con il principio Sen No Sen, se non riusciamo a capire che come la percezione, è legato solo a noi stessi e alla nostra intuizione, anche l’osservatore più attento in una dimostrazione pratica, non riuscirà mai a dire se abbiamo veramente “anticipato il pensiero”. Probabilmente questo è il motivo per il quale nella tradizione occidentale si usa tradurre il principio Sen No Sen in tecnica di anticipo o d’incontro. Non a caso, facendo un esempio banale ma fin troppo chiaro, è più facile “vedere” che un atleta cambia guardia, piuttosto che “percepire” che sta per farlo.
PPV (PERCEZIONE, PRECISIONE, VELOCITÀ)
Rimanendo in tema di kumite agonistico, possiamo dire che la percezione da sola non risolve, se non è unita alla precisione e alla velocità.
Abbiamo detto che la percezione è una capacità che ognuno può incrementare, ma per migliorarla sono richiesti un impegno e un’attenzione costante uniti a una forza di volontà notevole ed una voglia di crescere in tal senso altrimenti è tempo perso. Per capire meglio il lavoro che adesso consideriamo meramente pratico e inizialmente più visivo che intuitivo, spieghiamo che cosa è la percezione.
La più semplice, come abbiamo detto è quella esterna, che utilizza i cinque sensi. Quella interna origina da sensazioni più difficili da analizzare. Per allenare la percezione esterna è sufficiente disporre gli allievi di fronte. Quando il maestro alza la mano sinistra devono eseguire kizami tsuki, quando alza la mano destra gyaku tsuki o tecniche diverse. Questa è la percezione esterna visiva. Con lo stesso sistema, quando il maestro dice ichi, eseguono kizami tsuki, quando dice ni, eseguono gyaku tsuki o altre tecniche. Questa è la percezione esterna uditiva.
Sono solo degli esempi. Si può eventualmente predisporre una combinazione, allenando sia la percezione visiva che uditiva. Ma questo è solo il lavoro iniziale che serve a far capire cosa si intende per percezione esterna, perché il nostro obiettivo è migliorare quella interna generata da situazioni che, come abbiamo detto sono più complesse.
Questo tipo di allenamento graduando bene i tempi e i modi, migliora anche il tempo di reazione (da quando percepisco a quando eseguo). Vediamo ora di trovare un sistema di allenamento che getti le basi di una percezione più interna che visiva.
Facciamo disporre gli allievi uno di fronte all’altro. Iniziamo con l’esercizio che avevamo accennato del cambio guardia. Uno cambia guardia e l’altro subito deve cambiare guardia. In questo modo l’esercizio è solo visivo, con un’attenzione e un impegno mentale medio basso. Se invece, diciamo a uno dei due di intuire il momento del cambio guardia del compagno fino a riuscire a farlo quasi contemporaneamente senza anticiparlo, si nota che l’impegno aumenta diventando quasi massimale.
Se poi, ad uno dei due facciamo impostare una difesa, iniziando da due attacchi diversi fino ad un massimo di tre, le cose si complicano notevolmente. Ad esempio, gli attacchi sono mawashi geri, kizami mawashi geri e kizami tsuki. Inizialmente li facciamo eseguire con una scaletta nota, poi in modo libero. In questo lavoro, chi difende cerca di intuire “percepire” con tutti i mezzi che ha, quale sarà il tipo di attacco che porterà il compagno.
Inizialmente, tutto questo lavoro, servirà di più a migliorare ed incrementare l’attenzione, ma senza questo non si arriverà mai alla percezione. La fase successiva prevede il compagno di spalle all’altro e ovviamente non davanti allo specchio. Il compagno tocca quello di spalle, e l’altro esegue una tecnica qualsiasi provando a farlo inizialmente al tocco, poi cercando di intuire il momento in cui verrà toccato. Sicuramente è complicato ma ripeto è l’attenzione che deve migliorare.
Passiamo ora a parlare di precisione. La precisione è intesa come capacità di compiere una tecnica più volte, (ripetizioni) (es. kizami mawashi geri) che nel movimento continuo e veloce, sia controllata e a bersaglio. Vediamo come possiamo misurare la percentuale di precisione di un atleta di kumite. Innanzi tutto dobbiamo individuare le tecniche da eseguire che devono essere scelte tra quelle ammesse e di uso più frequente: kizami tsuki, uraken uchi, gyaku tsuki, kizami mawashi geri, kizami uramawashi geri. Fermiamoci a queste.
Dato che dobbiamo tirare fuori una percentuale, facciamo dieci ripetizioni di ogni tecnica per un totale di 50 a sinistra e 50 a destra. Si parte da questa base, poi se vogliamo divertirci a testare in modo ancora superiore possiamo inserire ushiro geri e combinazioni di tecniche. Le esecuzioni devono possedere il controllo dovuto al tipo di tecnica, sempre alla stessa distanza e colpendo sempre lo stesso bersaglio. I
l test di precisione è eseguito a tre diversi livelli di velocità. Il terzo livello è sempre massimale. Quindi, percezione, precisione, velocità. Queste tre condizioni camminano sempre insieme. Nel kumite sportivo, una volta percepito, e abbiamo detto non è poco, si deve essere precisi e veloci. Precisi perché se la tecnica è fuori bersaglio non è valida, veloci perché se la tecnica è lenta potrebbe essere parata o mandata fuori distanza, vanificando tutto il lavoro di percezione. Durante il test di precisione, controllando le fasi di recupero, si allenano velocità e resistenza.