Le funzioni principali dell’apparato respiratorio sono: l’inspirazione e l’espirazione (ventilazione polmonare); scambio gassoso nei polmoni; trasporto dei gas respiratori; metabolismo nei tessuti.
Le vie respiratorie sono formate dal naso e dalla cavità orale, dalla faringe dalla laringe dalla trachea dai bronchi e dagli alveoli polmonari. I polmoni hanno una forma conica e riempiono maggiormente lo spazio toracico.
La ventilazione polmonare è possibile solo per differenza di pressione. L’aria penetra all’interno dei polmoni solo se in essi vi è una pressione minore e l’espulsione dell’aria avviene solo se la pressione nei polmoni è maggiore di quella esterna.
Questa differenza di pressione è provocata dai movimenti respiratori, con l’apporto dei diversi muscoli i quali si distinguono in inspiratori (diaframma) ed espiratori (intercostali-addominali). Il diaframma è un muscolo formato da una larga membrana a forma di cupola, che nella fase di inspirazione, dilata la cassa toracica e con l’ausilio di altri muscoli intercostali favorisce l’ingresso di una maggiore quantità di aria nei polmoni. L’atleta deve essere allenato a respirare il più possibile con il naso, anche se esso permette un ingresso minore d’aria. Questo perchè il contatto con la mucosa nasale ha una duplice funzione: trattiene le particelle e preriscalda l’aria in modo che arrivi ai polmoni alla giusta temperatura. L’organismo avverte da solo la necessità di passare ad una respirazione con la bocca nel caso di un bisogno maggiore di ossigeno come avviene in sforzi intensi e prolungati.
In un uomo sano adulto a riposo la frequenza respiratoria è di 13-16 atti al minuto. Sotto sforzo questi possono arrivare fino a 30 al minuto. A parità di carico nei soggetti allenati, la frequenza respiratoria a riposo è più bassa dei soggetti non allenati.
Una respirazione lenta e profonda soprattutto nella fase di recupero offre molti vantaggi: tutte le zone polmonari sono ventilate, gli scambi gassosi sono migliori, il recupero è migliore. L’esecuzione regolare degli esercizi respiratori rafforza la muscolatura, aumenta il volume polmonare e la capacità vitale con la quale viene intesa la quantità massima di aria che si può emettere dai polmoni con un’espirazione forzata, dopo una inspirazione anch’essa forzata.
Entriamo ora nella parte specifica cercando di chiarire l’importanza che riveste un utilizzo corretto della respirazione nella pratica del karate e come deve essere adattata alle diverse esigenze tecniche. Nella fase di inspirazione i muscoli addominali tendono a rilassarsi mentre nella espirazione questi tendono a contrarsi e la forza della contrazione dipende dall’intensità e dalla velocità con cui viene espulsa l’aria dai polmoni. Quello che però è interessante chiarire è come poter migliorare e sfruttare i cicli respiratori, perchè tramite questi, possiamo utilizzare fino in fondo e al massimo i principi basilari del karate.
E’ bene capire a questo punto da chi è comandata la ventilazione polmonare. Nella vita di tutti i giorni, svolgendo le comuni attività, gli atti respiratori avvengono (sempre che non ci siano problemi di salute) più o meno nei tempi previsti garantendo all’organismo di poter assolvere a tutte le sue funzioni. In pratica noi respiriamo senza rendercene conto perchè il tutto è regolato da impulsi nervosi, che indicano la posizione dei polmoni, la percentuale di anidride carbonica presente nel sangue e altro ancora. Nello sport invece possiamo rivolgere un’attenzione particolare al modo con cui si respira, non solo per avere una resistenza maggiore allo sforzo, ma come è stato già detto, anche per assicurare un processo di recupero migliore.
La respirazione deve essere corretta anche negli esercizi di ginnastica preparatoria perchè oltre a stancarsi di meno si acquisisce nel tempo un atteggiamento mentale più adeguato e questo va educato sin dall’inizio soprattutto con i giovani, che come sappiamo sono portati più facilmente a distrarsi.
Nella pratica del karate, in senso molto generale, si insegna che si deve inspirare durante le parate ed espirare negli attacchi. Questo va bene in parte perchè lo schema respiratorio cambia col mutare delle situazioni. I cicli respiratori e i tempi in cui essi devono avvenire nell’esecuzione delle teniche, devono essere calcolati al momento e questo vale sia per il kumite sia per il kata.
E’ importante ricordare che nel karate si deve utilizzare in modo appropriato la quantità d’aria residua che rimane fisiologicamente nei polmoni (circa il 20%), per essere sicuri di avere sempre una discreta riserva che può dare nei momenti che lo richiedono, una rapida contrazione dei muscoli addominali e quindi una potenza finale più grande in un tempo brevissimo. Tutto questo permette, facendosi aiutare da una buona dose di concentrazione, di guidare la respirazione in modo che risponda continuamente alle esigenze tecniche e quindi di essere sempre nella condizione ottimale di contrazione ed espansione muscolare. Tutto questo fa acquisire una maggiore sicurezza nel combattimento e una migliore esecuzione del kata e del kihon.
Il livello tecnico più alto, acquisito da un karateka, si riconosce proprio dalla velocità con cui riesce ad individuare il gesto tecnico più adatto per quella situazione, ma questo è senz’altro subordinato ad una migliorata capacità sul modo di respirare. Se si verifica questa realtà, l’atleta avrà imparato a dosare con più abilità il proprio bagaglio energetico e questo eleverà enormemente la qualità della prestazione specifica. In prossimità della soglia anaerobica, la qualità del lavoro muscolare inizia ad essere compromessa con conseguenze dirette sull’equilibrio, potenza, fluidità e non ultimo sulla lucidità e velocità di reazione (concentrazione) e queste sono situazioni che soprattutto nel combattimento non si devono verificare.
Se l’atleta arriva troppo presto nella zona anaerobica, non è solo perchè è scarsamente allenato (certamente questo influisce), ma per il fatto che non ha saputo distribuire adeguatamente la propria energia e curato con più attenzione la respirazione nelle fasi precedenti. A questo punto la conclusione è facilmente intuibile: nel karate, ma anche nelle altre discipline sportive un utilizzo corretto della respirazione migliora sensibilmente la qualità della prestazione specifica.
L’errore più comune che si riscontra negli allievi, è che le esecuzioni avvengono quasi in apnea e anche dopo aver svolto un esercizio di breve durata, l’atleta o l’allievo si trova in una condizione di stanchezza esagerata. Per migliorare questa condizione, si deve prestare la massima attenzione al meccanismo respiratorio, considerandolo parte integrante del processo di apprendimento e quindi di miglioramento. Spesso ci si allena in apnea, perchè si è concentrati sul tipo di esecuzione da fare e senza volerlo si trattiene aria nei polmoni. Questo è il meccanismo che provoca il rapido affaticamento, il quale può essere evitato solo se, come già detto, si controlla in modo adeguato la respirazione.
Nella pratica del karate vi è una continua compenetrazione tra KI e TAI (energia vitale e corpo), pertanto il mancato controllo del respiro influisce in senso negativo su tutta la seduta di allenamento. Va ancora detto che questo aspetto dopo qualche anno di pratica, diciamo da secondo dan in poi, deve diventare parte integrante del lavoro di apprendimento perché altrimenti proseguendo solo nella direzione fisica, si andrà incontro ad un appiattimento tecnico. L’unico modo per evitare che questo accada è di orientare la pratica verso un utilizzo corretto del respiro. Il meccanismo corretto della respirazione aiuta a guidare i movimenti del corpo in modo adeguato. Si tratta però di un cambiamento molto complesso, specialmente per chi ha dedicato solo alla forza fisica tutto il suo tempo. Una volta capito che la strada intrapresa è sbagliata, si deve cambiare ed avere la forza di volontà di dare un colpo di spugna a molto di ciò che è stato fatto.
All’inizio se non si fa attenzione ci si può scoraggiare perché si ha l’impressione di non riuscire a percorrere bene il nuovo cammino dove tutto ciò che è fisico deve entrare in contatto con la forza dell’energia interna o vitale. Se si ha la fortuna di non mollare dopo qualche tempo ci si accorgerà di padroneggiare un karate nuovo, diverso, che va al di là di ciò che meramente si vede. Inoltre è sicuramente più adatto a praticare per tanto tempo senza distruggere muscoli, tendini e articolazioni.
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